L’obiettivo ormai lo conosciamo: limitare il riscaldamento terrestre a 1,5° centigradi rispetto all’epoca precedente alla Rivoluzione industriale e conquistare la carbon neutrality entro il 2050. Per arginare i danni del cambiamento climatico, insomma, dobbiamo riuscire nel giro di 30 anni a emettere non più anidri- de carbonica di quanta l’atmosfera sia in grado di assorbirne. La realizzazione di questo obiettivo passa soprattutto da una parola: rinnovabili. Energie rinnovabili.
La strada da percorrere la conosciamo. Il problema semmai è che il cammino si presenta ancora molto lungo. Secondo il Center for Climate and Energy Solutions, oggi il 79,7% dell’energia consumata è ancora di origine fossile, ovvero quella estratta dalle profondità della Terra – sotto forma di carbone, gas e petrolio – che rilascia una quantità insostenibile di gas serra. Il restante 20,2% è invece affidato alle rinnovabili. Attenzione, però: il 2,2% deriva dalle centrali nucleari e il 7,5% dalla biomassa tradizionale. A livello globale, solo il 10,6% dell’energia consumata nel mondo deriva da quelle che normalmente abbiamo in mente quando parliamo di rinnovabili: eolico, idrico e solare. Troppo poco? Dipende da che lato la si guarda e anche da che parte del mondo si prende in considerazione. Nel 2018, l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili in Europa ha raggiunto il 32% del totale, con l’obiettivo di arrivare al 50% entro il 2030. Tra i vari paesi, ci sono però enormi differenze: nazioni virtuose come Austria e Svezia veleggiano già oggi attorno al 70%, mentre le maglie nere di Ungheria e Malta sono ferme all’8%.
Situazione mediana in Italia, dove arriviamo al 35% circa.
A differenza di quanto si possa pensare, la maggior parte di questa energia non proviene però dal sole, che anzi – fatto 100 il totale delle rinnovabili utilizzate – vale solo il 12%, contro il 36% di eolico, il 33% di idrico e il restante 19% da geotermico, biomassa e altro. Le grandi differenze tra le varie nazioni europee – e ancor più tra le diverse zone del mondo – indica però una cosa: crescere è possibile. Osservando le tendenze storiche, si nota infatti quanto sia stata incredibilmente rapida l’ascesa delle rinnovabili e il contestuale crollo del loro prezzo.
L’energia eolica ha raggiunto i 100 terawattora solo nel 2005, ma nel 2019 ha tagliato il traguardo dei 1.400 TWh, mentre il prezzo per la produzione è sceso dai 57 centesimi di dollari al kilowatt degli anni ’80 fino ai quattro centesimi di oggi. Lo stesso vale per il Sole. Ancora nel 2000, la produzione globale di energia solare era pari soltanto a 4 gigawatt. La crescita da allora è stata più che esponenziale: si sono raggiunti i 100 gigawatt nel 2012 e la cifra era già quintuplicata nel 2018. Nell’anno appena concluso si stima che si siano raggiunti gli 800 gigawatt. Contemporaneamente, il costo per la produzione di energia solare è crollato: negli anni ’70 si era attorno a 77 dollari per kilowatt, oggi questa cifra è arrivata ai 30 centesimi e la riduzione non accenna a fermarsi.
È possibile crescere ancora con questi ritmi? Probabilmente sì, soprattutto considerando come i pannelli solari stiano diventando sempre più efficienti e che startup come Heliogen, finanziata anche da Bill Gates, stiano lavorando a impianti di concentrazione dell’energia solare in grado di catturare l’energia termica fino a 1.500°C, trasformandola poi in elettricità talmente abbondante da alimentare anche l’industria pesante.
Il costo di produzione dell’energia solare continua a diminuire, mentre la sua resa continua ad aumentare. Tutto bene, quindi? Non proprio, visto che a oggi pare improbabile alimentare le grandi metropoli del mondo tramite le rinnovabili. Per esempio, città come Parigi o Londra consumano circa 100 watt per metro quadro, mentre i migliori pannelli in circolazione, a oggi, rendono tra i 5 e i 10 watt per metro quadro. Anche ricoprendo tutti i tetti di pannelli solari, non si riuscirebbe a soddisfare la richiesta energetica estremamente concentrata delle metropoli.
Ma la soluzione ai limiti odierni delle rinnovabili non viene solo dal solare. Secondo alcune analisi, a fare la differenza è la somma di solare ed eolico, in grado di garantire in Europa fino al 70/80% del fabbisogno energetico se usati in maniera efficiente, complementare e attivando rapidi meccanismi di scambio tra i paesi che più facilmente producono eolico (nord Europa) e quelli più adatti alla produzione di solare (sud Europa). E quando si verifica quella che gli esperti chiamano “calma buia”, ovvero momenti in cui il Sole è oscurato dalle nuvole e il vento non soffia? È qui che potrebbero entrare in gioco le centrali nucleari: poco amate e anzi sempre più temute (soprattutto dopo che il disastro di Fukushima del 2011 ha riacceso le paure), non saranno abbandonate tanto in fretta quanto una buona parte della popolazione spera. D’altra parte, i numeri relativi alla costruzione di nuovi reattori mostrano come si stia ancora puntando su questa forma di energia: sono 53 quelli attualmente in costruzione su un totale di 449 al momento attivi.
E se comunque tutto questo non bastasse? Se anche affidandoci il più possibile alle rinnovabili non saremmo lo stesso in grado di azzerare la produzione di gas serra in eccesso? È qui che entrano in gioco le altre leve su cui agire per evitare la catastrofe climatica: dalla riduzione dei consumi ai drastici (e fondamentali) cambiamenti alla nostra dieta (gli allevamenti mondiali sono responsabili del 14,5% delle emissioni), fino ai meccanismi per catturare le emissioni tramite le tecnologie – purtroppo ancora molto costose – di cattura e stoccaggio del carbonio.
Un’altra soluzione che potrebbe aiutarci a dare un futuro migliore alla Terra passa dalla piantumazione di alberi: organismi che assorbono naturalmente la CO2 e la trasformano in biomassa vegetale. Secondo le stime, per tornare alla concentrazione di carbonio dell’era pre-industriale, sarebbe necessario piantare qualcosa come mille miliardi di nuovi alberi. È fattibile? Sul tema, le opinioni sono divergenti e gli esperti si dividono tra favorevoli e contrari.
Inutile però concentrarsi sulle singole misure: tra rinnovabili, cambiamenti drastici alle nostre abitudini e nuovi strumenti per ridurre l’anidride carbonica presente in atmosfera, è solo attraverso la combinazione più efficace e realistica che potremo salvare il pianeta.