Ogni volta che parliamo di ambiente, di sostenibilità, di eco sistema, troviamo sempre la presenza di un denominatore comune: l’acqua. Dire che è il bene più prezioso, sarebbe scontato e superato; affermare che è indispensabile, sarebbe un paradosso; ribadire che la sua valenza è pericolosamente sottovalutata, sarebbe monotono.
Sapete perché esistono questi pensieri comportamentali? Perché sono diventati ripetitivi, ordinari e non più eccezionali. Una riprova?
Si torna a comprendere l’importanza dell’acqua ogni volta che, al mattino, aprendo il rubinetto, ci accorgiamo che non esce. Siamo immediatamente assaliti da sentimenti di smarrimento, perché quell’assenza momentanea, non risanabile con nostre azioni dirette, ma dipendente da fattori non legati alla nostra volontà, va ad infrangere le quotidiane abitudini. Certo, c’è la bottiglia di acqua minerale nel frigo che può sopperire alla carenza, ma lo potrà farlo in maniera assolutamente parziale.
Qualsiasi cosa ha maggior valore quando viene a mancare! Molti popoli hanno addirittura assegnato un valore sacro all’acqua. Penso ai quattro fiumi venerati da chi vive lungo le loro sponde. Il Tigri e l’Eufrate per esempio, la cui sorgente viene individuata nel Paradiso terrestre. Oppure il Giordano che, oltre ad essere servito per battezzare Gesù, compì il miracolo della guarigione dalla lebbra di Naaman, venerato capo dell’esercito siriano, che per ben sette volte si immerse nelle sue acque prima di guarire definitivamente. Come non pensare poi al Nilo, adorato dagli egizi per il ritrovamento di Mosè. In testa a tutti c’è però il Gange che, nascendo realmente nella catena montuosa dell’Himalaya, per gli indù scorre nel cielo. Ognuno di loro spera di morire sulla riva sinistra di questo fiume sacro, per avere così la possibilità di accedere alla vita eterna e alla reincarnazione. Stessa credenza accompagna la dispersione delle ceneri di un morto fra le sue gelide acque.
Anche per noi cristiani comunque l’acqua viene utilizzata per funzioni religiose. Basti pensare a quella santa contenuta nell’aspersorio o a quella della fonte battesimale. Tale sacramento veniva anticamente praticato per immersione del neonato e, successiva- mente, per semplice infusione, a significare la morte dell’uomo vecchio e la nascita in Cristo di quello nuovo.
L’acqua accompagna poi molti detti popolari, quelli cioè che, zippati in poche parole, rinviano a significati più ampi. Ed ecco quindi che troviamo: gettar acqua sul fuoco, un pesce fuor d’acqua, fare un buco nell’acqua, pestar acqua nel mortaio, la goccia che fa traboccare il vaso, piovere sul bagnato, lavarsene le mani, trovarsi in cattive acque, la goccia che scava la roccia, perdersi in un bicchiere d’acqua e così via. L’acqua è quindi un bene spirituale e materiale, che può rappresentare tutti e che fa parte della vita di ognuno di noi. Quello che, circa 3,5 miliardi di anni fa, ha consentito la formazione dei composti fondamentali per la vita del nostro Pianeta, che gli scienziati chiamano brodo primordiale, che poco ha del minestrone, ma che è stato protagonista dell’origine dei primi organismi. Dal momento in cui si genera, l’acqua inizia a compiere il suo ciclo continuo, chiamato idrologico: scende dalle nuvole, penetra nel terreno, sgorga dalla sorgente, evapora nel cielo. Grazie a questo percorso viene generata acqua dolce rinnovabile pari a circa 110.300 km3/anno, che si chiama rinnovabile proprio per il processo che la riguarda. Di questi però solo 12.500 km3/anno possono essere utilizzati dall’uomo. Continuando con le percentuali, l’acqua sulla terra copre il 71% della superficie, mentre costituisce il 60% di un corpo umano maschile ed il 50% di quello femminile. Senza di essa quindi non ci sarebbe vita.
Basti pensare che i nostri muscoli, con la presenza del 70% di acqua, possono mantenersi saldi; l’acqua inoltre regola la nostra temperatura corporea, non ci fa seccare le labbra, rende la nostra pelle liscia e morbida, aiuta a farci digerire, a farci respirare, a farci vedere, a farci perdere peso in eccesso, ad espellere le sostanze nocive dal nostro corpo. Ecco perché occorre berne almeno un litro al giorno, visto che l’altro litro, comunque necessario, lo ingeriamo tramite gli alimenti.
Nei tempi andati, il rapporto fra l’uomo e l’acqua, si basava solo sul ciclo naturale. Quando però gli esseri umani smisero di essere solo cacciatori ed iniziarono a coltivare terreni e allevare animali, fu gioco forza individuare il sistema per procurarsela e conservar- la. Iniziarono allora ad utilizzare quella dei fiumi e dei laghi, per passare poi a scavare pozzi e trovare il modo per incanalarla. Secondo gli archeologi, le più antiche canalizzazioni risalgono a circa 4000 anni prima di Cristo e sono state scoperte in Iraq. Intorno al 2500 a.C. tutte le grandi città della Mesopotamia e dell’Egitto avevano scavato pozzi per prelevare acqua potabile e acqua per irrigare i campi. Raccoglievano anche l’acqua piovana in apposite cisterne, prime fra tutte quelle di Re Salomone, costruite verso il 1000 a.C. Si passò quindi agli acquedotti, quali sistemi per il trasporto dell’acqua nei villaggi e nelle città, la qua- le, partendo dal punto sorgivo più alto, arrivava a destinazione per caduta. Furono costruiti inizialmente nell’antica Grecia ma, per renderli veramente efficaci, dovettero arrivare i Romani, con i loro ponti mastodontici dal doppio uso: quello di portare acqua e quello di collegare due sponde di torrente. Il primo acquedotto che i romani edificarono fu nel 312 a.C. ed era lungo quasi 17 km mentre, attorno al 400 d.C., arrivò quello di Costantinopoli, l’odierna Istanbul, lungo 500 km. Praticamente la stessa distanza tra Milano e Roma.
I sistemi di trasporto odierni sono sicuramente più efficaci, anche se gli acquedotti sono ormai obsoleti e, generando una progressiva dispersione, aggravano di fatto la carenza di acqua.
Perdite che incidono quasi del 37% del totale del consumo: una esagerazione!!! Consumo che, per quanto riguarda noi italiani, si aggira intorno a 9,2 miliardi di metri cubi ogni anno. Siamo i primi in Europa per prelievo di acqua potabile. Scendiamo invece al secondo posto, subito dopo la Grecia, per quanto riguarda il consumo pro-capite: 153 metri cubi all’anno. Oltre alla precarietà delle infrastrutture, dobbiamo purtroppo fare i conti anche con la precarietà delle nostre abitudini di consumo. Quanta acqua consumiamo però di media ogni giorno?
Ogni volta che tiriamo lo sciacquone del bagno, partono almeno 10 litri; per la doccia ne servono dai 30 ai 50; per un bagno in vasca circa 150; per la lavastoviglie 20 litri; per le pulizia della casa almeno 10 litri. Se poi abbiamo la piscina, attingiamo almeno a 400 litri, cloro compreso. Pensate poi a quanta ne consumiamo inutilmente ogni volta che per lavarci i denti o il viso non chiudiamo il rubinetto. Quanta ne beviamo di media? 175 litri a testa all’anno e allo stesso tempo ci riempiamo la pancia con acqua minerale per 192 litri pro capite, un record mondiale, dopo l’Arabia Saudita e il Messico.
Detto fra noi, con la penuria che, andando avanti di questo passo, si avvertirà nel prossimo futuro, essa aumenterà sempre di più il suo valore.
Ma questo è bene che non si sappia. Quindi, mi raccomando: acqua in bocca!!