La stagione invernale è finalmente arrivata; sì, con fatica, a causa dell’ormai noto fenomeno del surriscaldamento globale che – per quel che ci riguarda – sta comportando in Italia (e in Europa) una graduale scomparsa della neve.
Diversi studi dimostrano, tuttavia, che è ancora possibile il verificarsi di intense e abbondanti nevicate, anche se più raramente e su un’area più ristretta rispetto al passato, essendo, infatti, ormai sostanzialmente assenti in pianura e in bassa collina. Dovremmo, insomma, accontentarci di stagioni invernali più brevi e più concentrate per continuare ad allietare corpo e anima in montagna.
L’Italia, del resto, è ricca di paesaggi montani che, con l’arrivo del- la neve, assumono connotati magici e suggestivi. Ed è probabilmente proprio l’atmosfera che si respira in tali situazioni che aumenta la voglia di muoversi e rigenera l’umore, in un circolo vizioso di effetti positivi che, nonostante la riduzione della stagione invernale a causa dei fenomeni sopra descritti, ha consentito un aumento del turismo durante questo periodo. A ciò ha certamente contribuito la fantasia e l’impegno degli “ad- detti ai lavori”, mediante l’introduzione e l’approfondimento di numerose attività accessibili a tutti, ai più grandi e ai più piccoli, a chi pratica normalmente sport e a chi no. Andare in montagna in inverno non significa, infatti, soltanto sciare, che sia da discesa o da fondo, per quanto appaiano innegabili i benefici che questo sport genera sul corpo. L’attività sciistica da discesa, ad esempio, rappresenta un ottimo esercizio cardiovascolare, fa bene al cuore, all’apparato respiratorio e alle articolazioni e aiuta a bruciare calorie, rafforzando al contempo il tono muscolare di gambe, glutei, braccia, collo e schiena. Inoltre, sciare aumenta la capacità di concentrazione e di percezione del proprio corpo e del suo equilibrio. Sotto un profilo meno “fisico”, poi, la discesa con gli sci, imponendo di affrontare certe pendenze, permette di tirare fuori il coraggio per superare le proprie paure, liberando contestualmente da ogni pensiero la nostra mente che dovrà essere concentrata solo sulla capacità e la voglia di scendere. Sì, quando si percorre una pista, c’è spazio soltanto per la strada che stiamo facendo, per l’arrivo a valle, con lo sguardo fisso sulla neve, in un momento personale in cui non esistono preoccupazioni.
“I potenti rammentino che la felicità non nasce dalla ricchezza né dal potere, ma dal piacere di donare”.
Un’espressione a prima vista molto forte, utilizzata da Fabrizio De Andrè nel contesto del disco “Tutti morimmo a stento”, ma che riesce con pochissime parole a rappresentare il profondo significato del volontariato.
Mettersi a disposizione dell’altro, dedicarsi a soddisfare un bisogno altrui, anche apparentemente insignificante, rende felici.
L’esperienza quotidiana ci insegna, infatti, che nessuna forma di potere eguaglia quella dell’amore, non solo per chi lo riceve ma anche per chi lo dona.
La stessa quotidianità, tuttavia, molto spesso non ammette pause, non concede spazi per virare le nostre attenzioni verso orizzonti di altruismo.
A colmare tale lacuna interviene, però, la società e gli strumenti che la medesima mette a disposizione; in effetti, sempre più spesso si parla del c.d. volontariato online.
Nell’era moderna, per occuparsi delle cause che ci stanno più a cuore, è sufficiente una buona connessione internet e un portatile, un tablet o uno smartphone, restando sul proprio divano o comodamente in pigiama.
Trattandosi comunque di volontariato, anche quello online richiede tempo e dedizione, ma offre l’enorme vantaggio di poter organizzare più liberamente e senza vincoli il tempo da riservare all’attività selezionata.
Al contrario di quanto possa apparire a prima vista, inoltre, il volontariato online è per tutti, in quanto si può svolgere da qualunque posto e indipendentemente dalle proprie capacità o competenze.
Basta navigare un pochino in internet per rendersi conto che ci sono tante opportunità in tal senso; si tratta spesso di iniziative internazionali ovvero offerte in lingua inglese, ma facilmente traducibili in lingua italiana.
Alcune attività, poi, richiedono abilità specifiche, altre no.
Rientrano nella prima categoria tutti quei progetti ideati da associazioni che ricercanovideomaker o programmatori, che consentono di gestire siti web o social media oppure di svolgere attività di consulenza, di formazione o, ancora, di tradurre documenti e redigere testi in altre lingue.
Facciamo qualche esempio concreto.
Il più noto è sicuramente il programma di volontariato online ideato dalle Nazioni Unite nel 2000, all’interno del quale cittadini e associazioni, in qualunque parte del mondo si trovino, possono scegliere l’azione da svolgere, selezionando il tipo di attività, l’ambito di intervento, l’area geografica e il numero di ore da dedicarvi; per potervi partecipare, tuttavia, è necessario avere delle conoscenze specifiche in alcuni ambiti come l’IT o la grafica.
Famoso è, altresì, il portale predisposto da “Ayni Cooperazione”, avente ad oggetto il volontariato internazionale, finalizzato ad avvicinare i volontari italiani ad associazioni che lottano contro la povertà, la discriminazione e lo sfruttamento. All’interno di esso, è possibile dare il proprio contributo con attività di fundraising, di consulenza, di traduzione, di comunicazione e marketing, di grafica, di progettazione e tanto altro.
Non richiedono, invece, particolari abilità quelle piattaforme dove il proprio apporto si limita alle attenzioni da dedicare a qualcuno o a qualcosa.
Sotto tale profilo, merita di essere certamente menzionata l’app gratuita (disponibile sia per iOS che Android) “BeMyEyes”, che connette soggetti non vedenti o ipovedenti con volontari normovedenti. In buona sostanza, i volontari aiutano queste persone a diventare il più autonome possibile, rispondendo alle loro video-chiamate per fornire assistenza visiva per attività anche basilari, che vanno dall’indicazione del colore dei vestiti alla preparazione della cena, passando per molto altro ancora (ad esempio, viene chiesto ai volontari di indicare se le luci sono accese o dove si trovano alcuni oggetti in casa).
Peculiare è, poi, il servizio offerto da “7 cups” che mette in contatto chi ha bisogno di esprimere i propri pensieri e le proprie paure con persone formate ad ascoltare. In questo contesto, tutti possono proporsi come volontari ascoltatori, beneficiando, altresì, di una formazione online gratuita perché – è bene evidenziarlo – saper ascoltare non è soltanto un’attitudine, ma richiede sensibilità, attenzione e una buona dose di intelligenza emotiva. Ricevere una formazione in merito, in effetti, può fornire vantaggi non solo per chi chiede di essere ascoltato, ma anche per il volontario che intende ascoltare, potendo ricavare da questa esperienza un’opportunità di crescita personale.
Così come di certo contribuisce a uno sviluppo di determinati temi, il progetto dell’Università di Harvard, c.d. “Project Implicit”, che si propone di studiare pensieri e sentimenti nell’ambito dell’inconscio. In tal caso, è sufficiente partecipare ai test messi a disposizione sul loro sito; lo scopo è quello di trasmettere i dati ai ricercatori e così consentirgli un approccio più concreto al mondo delle emozioni, sempre complesso da esaminare. L’unico difetto – almeno per quanto riguarda gli italiani – è che non è prevista la possibilità di effettuare il test in lingua italiana.
Ci sono, da ultimo, attività, previste soprattutto per i più giovani, che permettono di contribuire in modo davvero semplice al benessere generale; ad esempio, la piattaforma “Do Something” consente, tra l’altro, di creare playlist non più lunghe di cinque minuti per limitare il tempo della doccia e sprecare meno acqua possibile.
Insomma, i progetti relativi al volontariato online sono molti; c’è spazio per tutti e ognuno può dare il proprio contributo, nei modi e nei tempi che desidera.
Basta soltanto un po’ di organizzazione e di volontà di supportare le attività che riteniamo più adeguate alla nostra personalità, facendo sì, del bene agli altri, ma anche a noi stessi.
Non dimentichiamo, infatti, che il volontariato – qualsiasi tipo di volontariato – consente di metterci in contatto con tante persone e con tante esperienze diverse, comportando un indubbio arricchimento del nostro bagaglio culturale, in un percorso di crescita sia a livello personale, che, a seconda del campo scelto, anche professionale.
I coralli rappresentano da secoli una delle manifestazioni più affascinanti della natura.
Basti pensare che il corallo rosso era già conosciuto e apprezzato da Greci e Romani, in quanto presente in abbondanza nel mar Mediterraneo, ritenuti rari e preziosi non solo per finalità ornamentali, ma anche per la produzione di medicine per la cura di patologie renali.
Il corallo rosso era, in realtà, tempo fa, abbondante anche in Italia, ma oggi è divenuto sempre più raro.
Emergono, al contrario, importanti novità rispetto ad altri tipi di coralli.
È recentissima, infatti, la conferma che i fondali dell’Isola di Marettimo, nell’Arcipelago delle Egadi, sono ricchi di corallo nero. Esso si trova a profondità elevate, tra i 50 e i 300 metri, ed hanno una struttura elastica che gli consente di resistere all’irruenza degli agenti marini, fungendo anche da rifugio per moltissimi altri organismi.
Non solo.
A due chilometri dalle coste di Monopoli, in provincia di Bari, è stata scoperta la prima barriera corallina del Mar Mediterraneo.
La scoperta, dopo ricerche e studi durati tre anni, condotti da un gruppo di ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, in collaborazione con l’Università del Salento e l’Università di Roma Tor Vergata, è stata pubblicata nel 2019 sulla rivista scientifica Scientific Reports.
La barriera corallina ritrovata in Puglia, lunga 2,5 chilometri, ha caratteristiche uniche e colori più tenui rispetto alle barriere delle Maldive o dell’Australia poiché in questi luoghi i processi di simbiosi delle madrepore sono facilitati dalla luce, mentre in quella italiana domina la penombra. Ciò non impedisce a quegli animaletti marini che costituiscono i corallini bianchi di formare comunque imponenti strutture di carbonato di calcio, pur senza alghe.
Non dipende da questo il diverso fenomeno dello sbiancamento dei coralli (c.d. bleaching) che rappresenta, invece, un segnale inequivocabile del processo di decadimento a cui tali creature sono sottoposte a causa del cambiamento climatico.
Infatti, i colori intensi delle barriere coralline che siamo abituati a vedere in alcuni fondali marini sono prodotti da un’alga unicellulare che vive in simbiosi con i coralli, alga che costituisce una fonte di energia fondamentale per gli stessi.
Purtroppo, l’innalzamento delle temperature marine provocato dai mutamenti climatici e dai livelli di inquinamento spinge i coralli a reagire espellendo questa alga simbiotica, assumendo, così, un colore bianco spettrale.
Tra l’altro, le stesse alterazioni ambientali provocano la diffusione incontrollata di predatori dei coralli.
Nel 2022 in Australia è stata diffusa una richiesta d’aiuto da parte dell’agenzia governativa che si occupa della Grande Barriera Corallina, preoccupata dal sesto episodio – nel giro di pochi anni – di sbiancamento di massa dei coralli.
Monitorando le barriere individuali pare, infatti, che il 93% delle stesse abbia già subito danni.
Il problema non è limitato soltanto ai coralli, estendendosi evidentemente il pericolo di sopravvivenza a più di millecinquecento specie di pesci, a sei specie di tartarughe marine e a trenta specie di delfini e di balene, tutti privati del loro habitat naturale.
L’equilibrio della barriera corallina, rimasto intatto per migliaia di anni, è, quindi, seriamente minacciato dai cambiamenti climatici e – inutile negarlo – anche dall’attività dell’uomo che troppo spesso non prende in considerazione le conseguenze delle proprie azioni.
E i coralli reagiscono a tali effetti proprio come noi e come tutti gli altri esseri viventi.
Non è azzardato, alla luce di tutto ciò, pensare che le barriere coralline siano destinate all’estinzione, atteso che, quando gli eventi di sbiancamento dei coralli diventano regolari, gli stessi non hanno neppure più il tempo di rigenerarsi o di riprodursi.